EDDIE LANG JAZZ FESTIVAL
edizioni dal 1996 al 2000
X - EDIZIONE 2000
L’edizione del decennale (che vede confermata l’Associazione Culturale “G.F. Ferretti” come curatrice dell’organizzazione, sempre affiancata dalla Pro Loco, mentre la direzione artistica è di Fabrizio Bianco) mostra un’inversione di tendenza piuttosto netta. Il festival si apre alle atmosfere pop di Tosca, ospite del trio di Rocco Zifarelli. Si apre, soprattutto, alla fusion di Gino Vannelli, cantante canadese di origini molisane (nonni di Campobasso), forse tuttora meritevole di una rivalutazione.
In apertura del festival, il chitarrista Bebo Ferra ospita Paul Mc Candless, un personaggio veramente storico, riconosciuto come il più grande oboista jazz di tutti i tempi e uno dei padri, con gli Oregon, di quel jazz acustico che nutrendosi di ispirazioni asiatiche e africane arriva alla new age.
Altro personaggio notevole di questa edizione è John Stowell, uno dei chitarristi più originali tuttora sulla scena. Nel pubblico rimarrà impressa a lungo la sua tecnica particolarissima di imbracciare la chitarra, in verticale, quasi come un sitar.
IX - EDIZIONE 1999
La nona edizione si svolge in tono minore per problemi organizzativi. La direzione del festival viene affidata all’Associazione Culturale “G.F. Ferretti” in collaborazione con la Pro Loco. Solo due serate, niente ospiti stranieri, ma la programmazione si mantiene più che dignitosa grazie al contributo di Pietro Condorelli e Teo Ciavarella, entrambi in quartetto, e della prestigiosa big band di Mario Raja.
VIII - EDIZIONE 1998
L’edizione del 1998, che sembra presentarsi in forma più sintetica (meno concerti; salta anche il concorso per giovani chitarristi), si rivela quella forse più memorabile per l’incredibile atmosfera che si crea intorno al concerto di Michel Petrucciani.
Una sensazione di attesa che si spande per le vie del paese, entra nelle case e attira le persone come un fluido. I giardini del castello di riempiono all’inverosimile. Gli appassionati di jazz si mescolano alle donne del paese, gli artisti alle persone più ignare. Petrucciani, che si esibisce da solo, è superlativo. Percepisce quella dolcissima pressione e la sua musica ne restituisce tutta intera l’energia e la suggestione. La gente è rapita.
Molto buono il resto del programma, aperto dal sempre brillante Ray Gelato. Coraggiosa la combinazione della serata successiva, con due storici interpreti del sax baritono, Ronnie Cuber e Gary Smulyan, sulla scena. Al contrabbasso il glorioso Ron McClure, ex Blood Sweat & Tears, Quest (con Dave Liebman), poi protagonista di un bel duo con Petrucciani e per lungo tempo bassista di Lee Koenitz. Alla batteria uno strepitoso Jonathan Blake, all’epoca ventiduenne, e attualmente nel quintetto di Tom Harrell. Al piano Michael Cochrane, pure in diverse occasioni partner di Tom Harrell (compresa la tournée italiana del 2008).
Chiude la manifestazione ancora una volta Carlo Loffredo con una big band ben attrezzata (Fabiano “Red” Pellini al sax baritono, Gegé Munari alla batteria e molti altri); ospite la bravissima Minnie Minoprio.
VII - EDIZIONE 1997
Si ripete l’esperimento del festival itinerante con una serata in programma a Oratino (di scena l’inossidabile Lino Patruno) e una a Isernia con due concerti: il quartetto di Steve Grossman e Joey Garrison accompagnata dalla Italian Big Band di Marco Renzi (nella quale spiccano le trombe di Michael Appelbaum e Fabrizio Bosso, con Massimo Manzi alla batteria). Foltissimo il pubblico nella storica piazza Mercato. “Da anni – si commenta su «Nuovo Molise Oggi» – non si vedeva la piazza così gremita, se si eccettuano alcune feste religiose e mai, negli ultimi decenni, si era visto il centro storico così animato”.
Ad aprire le serate di Monteroduni è l’African Music and Dance di Mamadou Inapogui. A seguire il pirotecnico Ray Mantilla sostenuto da un gruppo di prim’ordine (Gianni Basso al sax tenore, Tom Kirkpatrick alla tromba, Fabrizio Puglisi al pianoforte e Ares Tavolazzi al contrabbasso).
L’indomani è la volta del quartetto di George Coleman, un ottimo Andrea Pozza al pianoforte e Luciano Milanese al contrabbasso (Alvin Queen, annunciato alla batteria, dovrà dare forfait all’ultimo momento). Poi Tania Maria e la sua orchestra; Enrico Pieranunzi (che proprio nel 1997 vince il premio Django Reinhardt come miglior musicista europeo) con Ada Montellanico e un bellissimo repertorio tra Gershwin e Gorni Kramer, i Beatles e Luigi Tenco.
Finale tutto dedicato a John Coltrane (a trent’anni dalla scomparsa) con il Trane’s Memory di Alfredo Ponissi: “una bella sorpresa – scrive Aldo Gianolio sull’«Unità» – che ha chiuso degnamente la rassegna: Ponissi ha recuperato John Coltrane, ma con una lieve punta dissacratoria, riproponendone l’opera più religiosamente intensa, A Love Supreme, in tutti i suoi 4 movimenti, in chiave blasfemamente terrena, mutandone i connotati, e deliziando il pubblico con una musica bella e coinvolgente”.
Torna anche il concorso per chitarristi, con un’annata di ottimo livello. Prevale il ventiquattrenne romano Enrico Bracco davanti a Andrea Masseria, di Trieste, e Luca Tozzi, di Campobasso. I primi due sono oggi chitarristi affermati. Luca Tozzi si è trasferito a New York dove ha guadagnato un suo spazio nel ricchissimo circuito musicale della metropoli.
VI - EDIZIONE 1996
Ancora per problemi di restauro, il festival si sposta dalla sua sede naturale, i giardini del castello Pignatelli, e si trasferisce nella capace piazza Giuseppe Russo, che si riempie con l’esibizione di due grandi batteristi: Billy Cobham (il 30 agosto) e Tullio De Piscopo (il 31). E si sposta anche da Monteroduni, con la programmazione di una serata a Isernia (con il gruppo The Deep River Choir di Francesca Oliveri) e una a Boiano con la sontuosa Adrienne West, accompagnata dal trio di Dado Moroni. Ospite di tutte e tre le serate, per gli After concert, è il quartetto di Rosario Giuliani (con Claudio Colasazza al pianoforte, Pietro Ciancaglini al contrabbasso, Pietro Iodice alla batteria) cui si uniscono le chitarre di Piero Condorelli e Eddy Palermo.